18/10/11

Riceviamo e pubblichiamo: lettera aperta al Sindaco Alemanno

Ho inviato questa lettera al Sindaco di Roma, Onorevole Gianni Alemanno, dopo aver appreso che sabato prossimo, 22 ottobre, non si potrà svolgere il Pellegrinaggio da Piazza San Pietro a Piazza San Giovanni in Laterano, in memoria del Beato Giovanni Paolo II
Roma, 18/10/2011
On.le
Sindaco di Roma
Gianni Alemanno
Piazza de Campidoglio,
00187 Roma
Onorevole Gianni Alemanno, Sindaco di Roma, volevo pubblicamente “ringraziarla” per la Sua decisione in merito al Pellegrinaggio che il Vicariato di Roma aveva organizzato per il prossimo sabato 22 ottobre. Come Lei certamente saprà in quella data, per la prima volta, si celebrerà la memoria liturgica del Beato Giovanni Paolo II e la Diocesi di Roma aveva preparato questo momento importante.
A scriverle è un giovane cattolico che avrebbe partecipato con gioia, insieme a molti altri, ma che non potrà farlo perché la settimana scorsa dei criminali, hanno devastato il suolo, l’onore e la memoria della città di Roma, di cui Lei è Sindaco. Questo è il frutto della democrazia: la violenza di pochi prevale su tutto e tutti e noi, non potremo svolgere quello che sarebbe stato un pellegrinaggio silenzioso, ordinato, festoso e orante.
Avremmo dimostrato, come abbiamo fatto per tutto il mondo al seguito anche e soprattutto del Papa Giovanni Paolo II, che si può sfilare per le città anche in due milioni di persone e non arrecare alcun danno. Invece, si può essere in duecentomila e spaccare tutto. Costoro hanno vinto. La Sua decisione lo conferma e lo legittima.
Sono certo che Lei sapeva con largo anticipo dell’iniziativa del Vicariato di Roma per sabato prossimo. Mi domando: era necessario firmarlo in questi giorni il provvedimento che vieta ogni forma di corteo e manifestazione, per il prossimo mese? Non si poteva aspettare che questo evento si svolgesse e poi, eventualmente, provvedere come Lei ha provveduto?
Sono profondamente addolorato dall’accaduto. La fede dei cattolici è stata ferita due volte. Sabato scorso con la profanazione di luoghi sacri e la distruzione della statua della Madonna, e sabato prossimo con la censura al pellegrinaggio in memoria del Beato Giovanni Paolo II.
Questo è il riconoscimento che Roma riserverà al Suo Beato Vescovo, in segno di ringraziamento per quanto Egli ha fatto per la Sua città.
Distinti saluti,
un fiero cattolico, e sempre meno fiero cittadino romano.
Daniele Di Geronimo

Il nostro saluto al poeta Andrea Zanzotto con la sua poesia "A la Maria Carpèla"

ritratto del poeta Andrea Zanzotto
Andare a cucire
A la Maria Carpèla
(che la ndéa a pontàr par le caze)

Si no l te fèse n paradizo
apòsta par ti, anca si paradìzi no ghe n'é,
al saràe de méter a l'inferno
l'istéso Padretèrno -
la saràe da méter a l'inferno
tuta, tuta quanta « la realtà »,
si par ti no fèse 'n paradizo
pien de bontà come la to bontà,
gnentàltro che 'l paradizo
come che ti tu l'à pensà.

(da Idioma, 1986)

A Maria Carpel (che andava a cucire presso le famiglie). Se non ti facesse un paradiso/ apposta per te, anche se paradisi non ce ne sono,/ sarebbe da mettere all'inferno/ lo stesso Padre Eterno -/ sarebbe da mettere all'inferno/ tutta, tutta quanta « la realtà »,/ se per te non facesse un paradiso/ pieno di bontà, come la tua bontà,/ niente altro che il paradiso/ come tu l'hai pensato.


Zanzotto era nato il 10 ottobre 1921 a Pieve di Soligo, In occasione del suo 90° compleanno il Consiglio regionale del Veneto gli ha assegnato la sua massima onorificenza, il "Leone del Veneto", in quanto "protagonista indiscusso della poesia contemporanea", ma anche "grande veneto che ha fatto la scelta esistenziale di rimanere ancorato alla propria terra, le colline di Pieve di Soligo, e alla propria lingua, il dialetto, trasformandoli però in luogo e linguaggio universale.
Il poeta, deceduto questa mattina, era ricoverato da lunedì all'ospedale di Conegliano (Treviso) per alcune complicazioni cardiache. Galan: "Immortale per la sua poesia"

"Aborigeni e immigrati sono il cuore della missione", dice l'Arcivescovo di Canberra

L'annuncio del Vangelo agli aborigeni resta "il cuore della missione della Chiesa australiana", che confida nei giovani ed è oggi impegnata nel difficile compito di "umanizzare e depoliticizzare la questione dell'immigrazione": sono queste le principali sfide dell'evangelizzazione in Australia, tracciate in una intervista all'Agenzia Fides da Sua Ecc. Mons. Mark Coleridge, Arcivescovo di Canberra and Goulburn, in visita ad limina a Roma.
Come procede oggi l'opera di evangelizzazione in Australia?
 L'Australia è un paese con grande tradizione di fede cristiana ed anche forte nell'invio di missionari ad extra per l'opera di evangelizzazione. Oggi viviamo una profonda fase di transizione, in cui ai vecchi schemi e alle identità del passato si sostituiscono nuove sfide e nuove questioni. Anche la fede cristiana è in una fase di rinascita. Abbiamo bisogno di una nuova evangelizzazione e di nuova vitalità ed energie nell'annuncio del Vangelo: ci stiamo interrogando su come poterlo fare. Il cambiamento tocca la Chiesa australiana ma anche la società nel suo complesso. Occorre leggere e attingere dal passato, che è stato un tempo di grazia, per proiettarci verso il futuro. Il pericolo è l'introversione, il ripiegarsi su se stessi. Come Vescovi diciamo chiaramente che è tempo di "prendere il largo" per affrontare le nuove forme e le nuove frontiere della missione.
Che ruolo hanno i laici e i giovani in questa fase?
Hanno un ruolo determinante. Molti dicono che i giovani sono "il futuro" della Chiesa. Noi diciamo che i giovani sono "l'oggi" della Chiesa. Le forme nuove di evangelizzazione passano soprattutto attraverso l'opera dei laici e dei giovani. Guardiamo loro come fautori di nuove iniziative e come portatori di nuove energie, nuove idee, nuovo slancio nella missione nel XX secolo.
Cosa può dire della missione fra gli aborigeni?
La missione fra gli aborigeni è da sempre un punto difficile, delicato. La missione è iniziata con i padri benedettini al tempo dei colonizzatori europei. La Chiesa cattolica, nonostante gli sforzi, non è mai riuscita a far fiorire potentemente i semi evangelici piantati nelle comunità aborigene. E' un compito che per noi resta impellente. Ma se le ferite del passato, che esistono fra i bianchi e gli indigeni, non saranno guarite, la questione aborigena resterà sempre un punto dolente per tutta la nazione. La missione fra gli indigeni sarà sempre al cuore della missione della Chiesa in Australia, perché le comunità sono fra le più povere e svantaggiate.
Un'altra sfida importante è quella dell'immigrazione: come la vivete?
 L'Australia è stata un paese di immigrazione per oltre 200 anni. Abbiamo una tradizione di accoglienza e ospitalità che è anche frutto della fede cristiana. Questa tradizione sembra oggi minacciata e compromessa dal modo in cui l'Australia sta trattando persone disperate, che vorrebbero asilo. Sfortunatamente la questione dei richiedenti asilo è stata pesantemente politicizzata e questo non aiuta. Come Vescovi diciamo che urge nuovamente umanizzare e de-politicizzare la questione degli immigrati, per essere fedeli alla nostra grande tradizione di ospitalità. (PA) (Agenzia Fides 17/10/2011)

Purificare l'aria: ma a che capitolo era scritto?


“C’è da purificare l’aria, perché le nuove generazioni – crescendo – non restino avvelenate” si legge, come è stato riportato da tutti i media nazionali, nella Prolusione del Cardinale Presidente al Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana svoltosi a Roma dal 26 al 29 settembre scorso.
Ma lo si legge dove?
E’ questo il titolo della Prolusione? Se non il titolo è l’incipit?
Davvero il Cardinale voleva parlare solo della situazione politica italiana, del suo premier, dei comportamenti immorali di quest’ultimo ed ha tenuto i Vescovi inchiodati ad un tavolo per ore ad ascoltare il suo atto di accusa all’Italia per poi prendere tutti assieme la rincorsa e dare la spallata definitiva al Governo in carica?
I media italiani sono famosi nel mondo per essere buffi, ed usiamo questa parola per non abbassare il livello della nostra riflessione.
Se Margareth Thatcher diceva che non si può governare ed insieme leggere i giornali, aneddoto anche citato ma non vissuto anche dal Premier Berlusconi, penso che sia possibile oggi, estremizzando, dire: non puoi cercare la verità ed insieme leggere i giornali, o meglio leggili tutti e poi cercala altrove.
Altrove in questo caso è alla fonte, all’origine.
Potremmo anche qui aprire una breve parentesi sull’era della comunicazione e come oggi i giovani nativi digitali, non solo chi svolge questa professione di giornalista ma anche chi cerca notizie, siano sommersi di informazioni tra le quali è difficile andare alla fonte, alla verità se non con uno sforzo che supera i motori di ricerca e, quindi, richiedendo più tempo ed obbligatorietà di alzarsi dalla sedia, nessuno vuole più compiere.
In questo caso la ricerca della fonte è resa più semplice dalla tempestività e dalla professionalità della Segreteria Cei che ha messo subito a disposizione, dei giornalisti e degli internauti, il discorso intero del Cardinale Bagnasco ma ecco spuntare la domanda delle domande: chi l’ha letto tutto nelle sue 15 pagine? Chi ha davvero scorso parola dopo parola, pagina dopo pagina, con la penna in una mano per sottolineare i passaggi più significativi? Almeno i giornalisti delle Agenzie di Stampa hanno svolto questo compito basilare o si sono concentrati solo su pagina 10 e sulle poche righe citate come apertura del nostro articolo?
Peccato, un vero peccato non averlo fatto perché si sarebbero scoperte tante argomentazioni interessanti che sono il filo conduttore dell’insegnamento della Chiesa dall’inizio ad oggi e quindi si sarebbe capito che il Cardinale Bagnasco, ed i Vescovi tutti, hanno un attento e profondo sguardo generale sulla situazione italiana dentro il quale ricade anche l’attenzione per l’attività politica, sociale ed economica di chi in questo momento ha maggiori responsabilità.
Prima di arrivare al “purificare l’aria” i Vescovi parlano della “speranza collettiva” che sta scemando e costringe anche loro, i pastori, a non essere più “spettatori intimiditi” per “risvegliare la speranza e, ad un tempo, quella tensione alla verità senza la quale non c’è democrazia”
Come secondo passo il Cardinale ha parlato, nella stessa prolusione, del successo dell’ultimo congresso Eucaristico Nazionale (il 25 mo) e di come “la storia dei congressi è intrecciata indissolubilmente alla vita ed alle trasformazioni del Paese e riflette fin dal primo appuntamento, quello di Napoli del 1891, le differenti stagioni civili e culturali che l’hanno coinvolto”. Come a dire: guardate che queste cose le diciamo da sempre!
Ampio spazio della prolusione è stato poi dedicato alla recente GMG di Madrid ed all’insegnamento che i giovani della generazione Benedetto XVI (così li chiama il Cardinale) hanno dato alla Chiesa stessa, agli indignati di tutto il mondo, ai coetanei che hanno messo a ferro e fuoco le città sempre la scorsa estate e che quindi potrebbero dare anche agli adulti che ci governano, se solo venissero ascoltati, se solo venissero maggiormente coinvolti e non solo nelle lettere cubitali degli slogan pre elettorali. “In un’indagine – ha detto il Cardinale Bagnasco ed è scritto nella Prolusione distribuita a tutti i giornalisti – condotta durante la GMG, nove giovani su dieci avrebbero dichiarato di attendersi un grande cambiamento nella loro vita in seguito a quella esperienza. E’ interessante che da questi giovani il cambiamento non sia temuto ma cercato, e noi adulti abbiamo a prendere sul serio questo loro desiderio”.
I due interi capitoli della prolusione dedicati ai giovani ed al grande evento della GMG si chiudono con un invito sempre ai ragazzi che suona così: “Guardate ai santi: avete mai riscontrato tra loro persone sbiadite?”.
Giocando a sostituire la parola “santi” con altri personaggi della società, dai politici, ai giornalisti, che cosa ne verrebbe fuori?
A questo “invito” seguono altre pagine che mettono in parallelo i giovani di Madrid (“né indignati, né rassegnati”) con altri avvenimenti che hanno visto coinvolto in modo tragico i giovani, uno su tutti quello di Oslo che “ci dice che il seme del bene e quello del male sono presenti senza eccezioni nell’animo umano, catturabile talora da un estremismo che corrompe ogni fibra dell’essere, fino ad esplodere in tragedie che superano la stessa immaginazione”.
I Vescovi entrano poi nel vivo della situazione italiana partendo però dalla crisi economica e scrivendo che “…ci preoccupa un affronto serio e responsabile del generale calo demografico, e quindi del rapporto sbilanciato tra la popolazione giovane e quella matura ed anziana. Il fenomeno va ad interessare anche le funzioni previdenziali e pensionistiche non solo delle generazioni a venire ma già di quanti sono oggi giovani. Se non si riescono a far scaturire, nel breve periodo, le condizioni psicologiche e culturali per siglare un patto intergenerazionale che, considerando anche l’apporto dei nuovi italiani, sia in grado di raccordare fisco, previdenza e pensioni avendo come volano un’efficace politica per la famiglia, l’Italia non potrà invertire il proprio declino: potrà forse aumentare la ricchezza di alcuni, comunque di pochi, ma si prosciugherà il destino di un popolo.”
Quante volte la Chiesa, ultimamente spesso per bocca anche del Presidente dell’Istituto per le Opere Religiose Ettore Gotti Tedeschi, ha scritto che è investire sulla famiglia la vera soluzione alla generale crisi economica?
Un secondo passo nella situazione italiana avviene a pagina nove e piano piano il focus si centra sempre di più sul “costume e linguaggio pubblico”.
Così scrive il Cardinale Bagnasco: “Colpisce la riluttanza a riconoscere l’esatta serietà della situazione al di là di strumentalizzazioni e partigianerie; amareggia il metodo scombinato con cui a tratti si procede, dando l’impressione che il regolamento dei conti personali sia prevalente rispetto ai compiti istituzionali e al portamento richiesto dalla scena pubblica, specialmente in tempi di austerità. Rattrista il deterioramento del costume e del linguaggio pubblico, nonché la reciproca, sistematica denigrazione, poiché così è il senso civico a corrompersi, complicando ogni ipotesi di rinascimento anche politico. Mortifica soprattutto dover prendere atto di comportamenti non solo contrari al pubblico decoro ma intrinsecamente tristi e vacui. Non è la prima volta che ci occorre di annotarlo: chiunque sceglie la militanza politica, deve essere consapevole «della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda» (Prolusione al Consiglio Permanente del 21-24 settembre 2009 e del 24-27 gennaio 2011).”
A me colpisce la precisione didattica del professor Bagnasco, mi sia concessa la licenza, nel senso che è lui stesso ad indicare le fonti, a scrivere dove si possono trovare altri discorsi simili per ricostruire bene il contesto dell’intervento della Chiesa, quasi conoscesse la pigrizia dei giornalisti di cui abbiamo parlato all’inizio di questo nostro excursus giornalistico.
Ed infine, a pagina 9, dopo una premessa che vale la pena leggere e che recita così: “Nessuno può negare la generosa dedizione e la limpida rettitudine di molti che operano nella gestione della cosa pubblica, come pure dell’economia, della finanza e dell’impresa: a costoro vanno rinnovati stima e convinto incoraggiamento. Si noti tuttavia che la questione morale, quando intacca la politica, ha innegabili incidenze culturali ed educative. Contribuisce, di fatto, a propagare la cultura di un’esistenza facile e gaudente, quando questa dovrebbe lasciare il passo alla cultura della serietà e del sacrificio, fondamentale per imparare a prendere responsabilmente la vita. Ecco perché si tratta non solo di fare in maniera diversa, ma di pensare diversamente: c’è da purificare l’aria, perché le nuove generazioni – crescendo – non restino avvelenate. Chi rientra oggi nella classe dirigente del Paese deve sapere che ha doveri specifici di trasparenza ed economicità: se non altro, per rispettare i cittadini e non umiliare i poveri.”
Ecco la nostra frase! L’abbiamo trovata e letta alla luce di tutto quello che precede assume un significato più alto, e “più altro”, delle riduzioni giornalistiche della prima ora.
Concludo sottolineando come la Prolusione stessa prosegua mettendo l’accento su almeno altri tre argomenti di capitale importanza, e di continuo richiamo, per la chiesa cattolica: il contrasto all’evasione fiscale, il sostegno alla scuola cattolica ed una necessaria sottolineatura, visti i tempi, sull’impegno della Chiesa italiana per aiutare le persone e le famiglie in difficoltà.
Non servirebbe solo purificare l’aria, quindi, ad iniziare dalle redazioni dei giornali ma sarebbe necessario andare anche alle sorgenti della notizia, là in alto, dove l’aria, e la notizia, sono sicuramente pure.